Non si scherza col gioco! Terzo appuntamento con il gioco d’azzardo
Siamo arrivati al terzo appuntamento con il gioco d’azzardo e le sue derive psicopatologiche: i precedenti articoli potete leggerli a questo link (il secondo) e a quest’altro (il primo).
Una sola tipologia di giocatore d’azzardo patologico non esiste: in questo ambito, l’eterogeneità è la regola.
Eppure, secondo alcuni studiosi dell’ambito, è possibile categorizzare i giocatori patologici. Prima, però, dedichiamoci agli aspetti che accomunano pressoché tutti i gambler.
La base comune a tutti i giocatori d’azzardo patologico: la ricerca di alcuni studiosi
Nel 2000 due ricercatori, Blaszczynski e Nower, hanno sviluppato un modello patogenetico molto interessante.
Secondo questi autori, infatti, i gambler possiedono una “base comune” costituita da alcuni fattori: da un lato, l’esposizione al gioco d’azzardo, dall’altra alcuni specifici fenomeni cognitivi e comportamentali.
Esposizione al gioco d’azzardo
Le persone che sviluppano un Disturbo da Gioco d’Azzardo o che comunque hanno un rapporto altamente problematico con questa sfera, di solito hanno facilità nell’accedere a questo spazio ludico: hanno disponibilità di denaro, vivono in ambienti nei quali i loro pari o i familiari giocano d’azzardo in modo compulsivo o patologico, si trovano in aree geografiche nelle quali sono presenti sale gioco, bingo, …
Attualmente, la grande diffusione del gioco online ha reso la reperibilità geografica meno rilevante, anche se spesso i casinò propongono facilitazioni particolarmente allettanti per i loro clienti che spingono a spostarsi fisicamente, per raggiungere la sala da gioco (possibilità di consumare bevande alcoliche, di fumare, …).
Fenomeni cognitivi e comportamentali
Le distorsioni cognitive
Chi manifesta un disturbo di questo tipo tende a sviluppare alcuni fenomeni cognitivi denominati “distorsioni”: nutre, cioè, convinzioni in parte o del tutto erronee.
Un tipo di distorsione, per fare un esempio, porta alcuni individui a convincersi di poter predire l’esito favorevole o sfavorevole di un evento (in questi casi si parla di “controllo predittivo”). In altri casi, le persone sono persuase di poter influenzare, con il pensiero o alcuni tipi di comportamento (rituali scaramantici), la vincita al gioco (la cosiddetta “illusione di controllo”).
La rincorsa delle perdite
Nella rincorsa delle perdite (il fenomeno del “chasing“, dall’inglese “inseguire, cacciare”), invece, i giocatori che hanno ormai del tutto perso il controllo della situazione, si convincono di potersi “rifare” delle perdite subite, giocando nuovamente, più e più volte. Questo è un altro tipo di convincimento erroneo, fattore che purtroppo tende a sostenere le condotte ludopatiche.
Nel “chasing” si instaura un circolo vizioso molto distruttivo nel quale il gioco d’azzardo diventa ancora più frequente, con le conseguenze che possiamo facilmente immaginare. L’immagine che mi viene in mente, pensando a questo fenomeno patologico, è un po’ quella della persona che ha perso il treno e tenta disperatamente di rincorrerlo: impossibile, la corsa sarebbe del tutto inutile, naturalmente! Il treno non può essere fermato da nessun passeggero. Eppure … c’è chi è certo del contrario.
Questi fenomeni cognitivi portano i gambler a costruirsi teorie del tutto prive di fondatezza su caso, probabilità e gioco.
Il condizionamento
Tramite i fenomeni di associazione tra gli stimoli, rinforzo positivo, rinforzo negativo, le persone subiscono il fenomeno del “condizionamento”, nelle sue due varianti, “classico” e “operante”. In breve, attraverso queste due modalità di apprendimento associativo, i giocatori tendono a ripetere il comportamento ludopatico, e ciò conduce questi individui a perdere il controllo sul comportamento e a compromettere l’esame di realtà.
A breve il quarto appuntamento! A presto.
Bibliografia consigliata
Corio S., Giampà A., Paciotti S. (2021) Il gioco d’azzardo patologico. Perdersi e perdere tutto, L’asino d’oro, Roma
Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).
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