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Il lutto che brucia ancora (“lutto complicato”)

La perdita di una persona cara, accadimento fisiologico nelle vite di tutti noi, è un evento doloroso e drammatico che, in una certa fase della nostra esistenza, ci mette “in sospeso”.

In un primo momento la solita routine si interrompe o rallenta temporaneamente, si provano sentimenti di tristezza, disperazione, nostalgia, si è sopraffatti da ricordi legati alla persona che non c’è più e da pensieri riconducibili al passato.

foto di ash_akg

Le fasi del lutto

In seguito ad un lutto di qualcuno importante per noi, può essere più che comprensibile, normale, per un certo periodo di tempo, avvertire minor appetito, riscontrare qualche problema con il sonno, avere difficoltà a concentrarsi, a recarsi al lavoro, a nutrire le relazioni affettive.

Con il trascorrere delle settimane e dei mesi, solitamente, questi stati d’animo si affievoliscono e il “ritiro” dalla vita – anche questo è un aspetto “fisiologico”, in questi momenti – subisce una diminuzione.

La carica affettiva legata all’evento si smorza lentamente e la ferita continua il suo processo di rimarginazione.

Lutto “normale” e lutto “complicato”

Nella maggioranza dei casi, le persone riescono, pian piano, a tornare alle loro routine e la scomparsa del caro diventa più tollerabile, più accettabile.

Purtroppo, però, una certa percentuale di persone, nella popolazione mondiale, non riesce ad elaborare completamente la perdita: in alcuni casi, l’evento luttuoso può portare ad uno stato depressivo che richiede una certa attenzione.

In queste situazioni può essere necessario un intervento psicoterapeutico con, a volte, un trattamento psicofarmacologico (videat psichiatrico).

In altri casi, se la persona che ha subito la perdita non riesce ad elaborare l’evento vissuto, può incorrere in un disturbo da stress post traumatico (qui potete leggere un interessante articolo della Rivista di Psichiatria).

In altri casi ancora, l’individuo si trova in quella condizione che anche il Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Mentali ha annoverato tra le situazioni degne di attenzione: il “lutto complicato”.

foto di GoranH

Un lutto problematico

Non è sempre utile assumere uno sguardo “clinico” su ciò che si osserva, men che meno quando si tratta di alcuni temi: la questione della “perdita” è uno di questi.

Sebbene la psichiatria abbia inserito nel suo manuale (DSM-V) la specifica dicitura “disturbo da lutto complicato”, personalmente preferisco eliminare la parola “disturbo” e fermarmi a riflettere, invece, sulla cosiddetta “complicazione” nella quale, a volte, può succedere di incappare.

Dati

Il fenomeno in questione è meno raro di quanto si possa imaginare.

Il “lutto complicato”, infatti, risulta nel 7-10% dei soggetti coinvolti nell’elaborazione di una perdita affettiva importante, dato che rende ancor più degno di nota questo tipo di condizione (per la bibliografia in merito, consiglio l’articolo di cui sopra, che trovate qui, sulla Rivista di Psichiatria).

Quando le reazioni da lutto superano circa i sei mesi e diventano persistenti, possiamo trovarci di fronte ad un lutto complicato.

Le manifestazioni

Le manifestazioni di questa condizione sono varie e possono includere intensa nostalgia, profonda tristezza, labilità emotiva, rabbia per la perdita subita, rimuginazioni (notturne ma anche diurne) sull’evento o sulla persona scomparsa, amarezza, senso di colpa, difficoltà nel fidarsi degli altri, incredulità, distacco dal mondo circostante.

A volte intrudono nella mente ricordi passati e interferiscono con il quotidiano svolgersi delle routine.

In altri casi, il tema non può essere affrontato o, quando ciò accade, ha costi emotivi importanti per chi lo sta vivendo.

Alcune persone evitano regolarmente di trovarsi in certi luoghi o di fronte ad oggetti che ricordano la persona deceduta.

Altre, al contrario, sembrano quasi “beatificare” il defunto, perché sviluppano una sorta di feticismo nei confronti di fotografie e oggetti legati alla persona che non c’è più – frequenti sono i cosiddetti “altarini” creati ad hoc, in casa, realizzati con fotografie, candele, rosari.

La persona amata, che purtroppo non c’è più, continua a condizionare la vita, le scelte e il suo pensiero è frequente come se fosse ancora in vita.

In sostanza, sono tante le manifestazioni di questo profondo tormento e sicuramente ce ne saranno altrettante che non ho menzionato, nelle quali qualcuno si riconoscerà e che rappresentano il segnale che quella perdita è rimasta “in sospeso”, non è ancora stata accettata.

foto di pasja1000

È fondamentale avere coscienza di se stessi e, in questo senso, monitorare l’elaborazione di certi fatti rilevanti della nostra esistenza.

Mai sottovalutare il rischio di poter scontare in vari modi una mancata elaborazione qualora un evento non sia stato “digerito” a livello psichico-emotivo.

C’è chi vive una perdita come se fosse un peso interiore ingestibile, c’è chi arriva anche a manifestare una condizione di malessere clinico.

Le possibilità sono tante e dipendono da moltissimi fattori, quali ad esempio le caratteristiche individuali (personalità, inclinazioni, esperienza, familiarità), quelle ambientali (ambiente sociale, familiare, lavorativo) e molto altro ancora.

Chiedere supporto psicoterapeutico, in questi casi, fa bene all’anima, se sentiamo che quella potrebbe essere la strada vincente per noi, ma fa bene anche alla memoria della persona deceduta, che si fa prezioso ricordo senza essere più martellante ossessione, idea di riferimento, buco nero che tutto risucchia.

Buona vita.

Bibliografia consigliata

Biondi M., Pancheri P. (1984) “Psicoimmunologia”. In Pancheri P. (a cura di) Trattato di medicina psicosomatica, USES, Firenze

De Falco G., Messineo A., Vescuso S. (2008) Stress da lavoro e mobbing. Valutazione del rischio, diagnosi, prevenzione e tutela legale, EPC, Roma

De Risio S. (a cura di), Psichiatria della salute aziendale e mobbing. Studi sui disturbi mentali in ambito lavorativo, Franco Angeli, Milano, 2002

Di Nuovo S., Rispoli L., Genta E. (2011) Misurare lo stress. Il test MSP e altri strumenti per una valutazione integrata, Franco Angeli

Selye, H. (1955) La sindrome di adattamento, Istituto sieroterapico milanese S. Belfanti, Milano

Viorst J. (2014) Distacchi, Pickwick edizioni

Sitografia

Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).
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