Il perfezionismo (prima parte)
Il perfezionismo è una tendenza che mi succede spesso di riscontrare tra le persone che richiedono una consulenza o che sono già in psicoterapia.
Credo possa essere utile, a chi legge, farsi un’idea di come poter definire questo costrutto e quali caratteristiche lo contraddistinguano.

“Mi dicono che sono una perfezionista”
Mi capita spesso di sentire le persone definirsi “perfezioniste” e questo accade soprattutto nell’ambito della popolazione femminile: in molti casi, sono amici o conoscenti che desiderano sottolineare questo tratto che suona come una specie di complimento.
Come potremmo definire il termine “perfezionismo”?

Significati
L’Enciclopedia Treccani dà come significato “generico” il seguente: «aspirazione a raggiungere, nel proprio lavoro o nella propria attività, una perfezione ideale non facilmente attuabile».
Poi fornisce anche una seconda definizione, di ambito psichiatrico: tendenza nevrotica che impedisce all’individuo di attuare cose relativamente semplici perché il suo narcisismo e la sua autocritica, unitamente ad uno scarso senso di realtà, spostano costantemente tale attuazione verso obiettivi ideali irraggiungibili.
Lascerei da parte la clinica e resterei sulla prima accezione, quanto meno in questo articolo.

Alcune suggestioni dagli studiosi della psiche
Senza entrare nel patologico, quindi, restando sulla prima definizione, nella cosiddetta “normalità”, abbiamo la suggestiva definizione della psicoanalista tedesca Karen Horney (1950) che etichetta il perfezionismo come “la tirannia dei doveri”.
Secondo lo psichiatra statunitense David Burns (1980), i perfezionisti sarebbero «coloro i cui standard sono elevati al di là della portata del compito o della ragione, persone che si sforzano compulsivamente e incessantemente verso obiettivi impossibili e che misurano il proprio valore interamente in termini di produttività e realizzazione»

Frost et al. (1990) chiamano perfezionismo «la fissazione di standard eccessivamente elevati per le prestazioni, accompagnati da un’autovalutazione eccessivamente critica».
La tendenza a nascondere gli errori
Queste persone cercano di mostrare la presunta parte “perfetta” di sé, tentando di nascondere l’errore, l’imperfezione agli occhi degli altri e ai propri.
Il bisogno di “fare bene le cose” è in questi individui compulsivo e causa stress e ansia molto intensi: per fare le cose «esattamente corrette», chi ne è vittima ne esce devastato e inevitabilmente deluso da se stesso.
In definitiva, i perfezionisti sono perennemente insoddisfatti di loro stessi.
Il perfezionista può sentirsi anche bravo ma il risultato che ottiene “non è mai abbastanza” per i suoi standard (K. Neff, 2019).
L’articolo continua … qui.
Articolo della dott.ssa Giorgia Aloisio, psicologa e psicoterapeuta (Roma).
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Bibliografia consigliata
Burns D. (1980) “The perfectionist’s script for self-defeat”, Psychology Today, November, 34–52.
Foglia L., Calluso C. (2022) “Il perfezionismo nei disturbi di personalità come fattore transdiagnostico, trattamenti specifici e difficoltà di trattamento”, in Cognitivismo clinico, 19, ½, 81-106
Frost, R. O., Marten, P., Lahart, C. M., & Rosenblate, R. (1990) “The dimensions of perfectionism”, Cognitive Therapy and Research, 74, 449–468
Hamacheck, D. E. (1978) Psychodynamics of normal and neurotic perfectionism, Psychology, 15, 27-33
Horney K. (1950) Neurosis and human growth: The struggle toward self-realization, New York, NY: Norton
Neff K. (2019) La self-compassion. Il potere dell’essere gentili con se stessi, Franco Angeli, Milano
